00 07/01/2016 18:57
ITHILBOR [*§*Atrio*§*] C'è chi corre incontro al proprio destino, c'è chi dallo stesso fugge. C'è chi resta ferma ad attenderlo, sfidandolo a viso aperto; e chi prova a nascondersi tra le Ombre nella speranza che non possa raggiungerlo. Tu te ne stai lì, seduta sul tuo scranno, con gli occhi chiusi, come se non ti importasse di nulla. Come se il tempo non scorresse e la notte non avesse mai fine. Come se non ci fossero sogni che si mescolano ai ricordi e come se la bestia, dal profondo del proprio antro, non urlasse tutto il bisogno che l'assale. Impassibile, imperturbabile, come un orpello a quell'atrio immenso, dove le fiamme delle torce - sempre vive grazie alla solerzia di succubi impeccabili - non si prendono nemmeno la briga di atteggiarsi a reale minaccia: per le tenebre e per i loro figli. Te ne stai lì, abbandonata al silenzio della morte e circondata dalle Ombre: a combattere una battaglia muta, tutta intima, di cui all'esterno non si rileverebbe alcuna traccia. L'Istinto urla e vomita odio e brama, la Mente lo spalleggia facendo riaffiorare i profumi che ti hanno stregato, le vite che ti hanno deliziato. L'alba ti sorprenderebbe ancora lì, nella medesima posizione, Sposa, se solo non vi fosse un'intrusione. In quel delirio bellico e apocalittico che si consuma nella tua essenza, si intrufola una simbolica - e alquanto improbabile - bandiera bianca. L'aroma di una condanna che ha visto il suo inizio in terre lontane da quelle che abiti. Il sentore di una dannazione antica che ha screziature proprie e altre che ti permetterebbero di ricondurla, nel giro di un battito di ciglia - quello che permette agli occhi di schiudersi - alla casata dell'Inquisitore, lo sconosciuto che portò Donatien alla Notte e a bussare alla tua porta. Allo stesso modo si presenta l'esule che giunge all'ombra della Torre Oscura. Bussando sul legno del portone antico, chiedendo asilo oltre il varco del Nero Obelisco. Il tuo passo non esiterebbe. Leggiadro come quello di un assassino, marziale come quello di un guerriero, solenne come quello di un regnante. Si stende lungo l'atrio per coprire la distanza che ti separa dall'ingresso e lascia, poi, alla mano il compito di tracciare la runa che consenta ai cardini di intonare un antico lamento. La Luna, curiosa, si intrufola da quello spiraglio. E quel che gli occhi dello straniero potranno vedere è nient'altro che una ragazzina. Di bianco vestita, a piedi scalzi, con due lunghe trecce nere e gli occhi grigi. Un viso dai tratti inequivocabilmente nordici, un'innocenza fasulla quanto quello stupore che il suo volto vuol mostrare. Almeno fino a che un sorriso, ferino, non stravolge tutto. E lascia spazio a poche parole *§*Toc toc. Un altro esule bussa*§* [tenebra I; veggenza I]
[Modificato da - Ithilbor - 11/01/2016 17:59]



I knew all the rules but the rules did not know me
guaranteed..





Grazie Serafin *_*